martedì 30 maggio 2017
…..ma io e te amore mio non ci siamo arresi e continueremo il nostro percorso affrontandolo insieme…
Sei arrivato il 7 febbraio 2017 dopo un’ora e mezza dal ricovero. Parto naturale per 4 chili e 20 grammi insomma come terzo figlio non è niente male. Essendo il terzo pensi che tutto filerà liscio perché ormai sei esperta e non hai le 1000 paure che potevi avere col primo. In sala parto ti sei subito attaccato e anche solo tenerti in braccio e guardarti ciucciare per me era una gioia immensa. Quei due giorni in ospedale sono trascorsi con grande serenità, ti sono venuti a trovare i tuoi fratelli e ti hanno tenuto in braccio e vedervi tutti e tre insieme era come aver vinto al superenalotto. Il giorno che ci hanno dimesso ho iniziato a sentire un po’ di bruciore ai capezzoli…. le ragadi stavano comparendo, ma vista l esperienza ho messo subito la crema adatta….ma nulla, nonostante tutto le ferite peggioravano. Arrivati a casa ho mandato papà ha comprare i paracapezzoli….che sollievo! Alle dimissioni avevi il livello dell ittero un po’ alto, ma non così elevato da metterti sotto alla lampada, unica nota dolente, la tua poca resistenza nella ciucciata. Dopo 2 settimane, avevi preso 100gr….. Ed ecco che sono iniziate le paturnie. Un’amica mi ha consigliato di contattare una consulente dell’allattamento tale Monica Bielli….. Scettica, la contatto! Viene a casa mia ….. Due parole davanti ad un caffè…. Messi i guanti ha ispezionato la coformazione della bocca ed ecco il responso…. Per la conformazione di mento, palato e lingua mio figlio avrebbe avuto difficoltà nei primi tempi e normale che abbia rotto i capezzoli!!… Due dritte per aumentare la produzione di latte e via si ricomincia da capo. Latte ce n’ era, il paracapezzolo mi dava sollievo e comunque ti faceva succhiare bene. Dopo 40 giorni sento un po’ male al seno e mi sale la febbre a quasi 40°…. Chiamo subito Monica che mi spiega che poteva essere un dotto un po’ intasato in un punto e come fare. Quindi ho passato tre giorni a fare impacchi, immersioni del seno, ad attaccare Andrea e a tirarmi il latte per evitare che la situazione peggiorasse. Per fortuna ne siamo usciti senza dover ricorrere all’antibiotico. Quante volte ho pensato di mollare, ma la consapevolezza che ogni mio sacrificio sarebbe stato un tuo privilegio, mi ha fatto stringere i denti e continuare. Però nonostante tutto il peso faceva fatica a crescere, ma io non volevo mollare, non volevo smettere di allattare il mio bambino; però non potevo neanche permettermi di non farlo crescere. Ho letto non so quanti articoli relativi all’ allattamento coi paracapezzoli, e mi rendevo conto che avrei dovuto toglierli al più presto. Intanto Andrea aveva più di 2 mesi, e nonostante mangiasse regolarmente il peso aumentava lentamente, circa 120 gr a settimana….al limite! Così ho iniziato a dargli un biberon di LA come ultima poppata della giornata, sotto consiglio del pediatra. Grazie a quella spintarella il mio bambino ha iniziato a crescere, quindi prendeva latte materno giorno e notte, e solo prima della messa a nanna della sera, prendeva il latte artificiale. Ero molto più tranquilla ma non del tutto perché quei paracapezzoli non li sopportavo più. Avevo già iniziato ogni tanto a provare a toglierlo ma ad Andrea non piaceva succhiare senza paracapezzolo. Monica mi aveva tranquillizzato e mi aveva detto che appena il bambino avesse avuto più forza e mento e lingua avessero assunto la posizione corretta crescendo e avendo più forza nel succhiare il paracapezzolo automaticamente lo avrebbe eliminato. Ci credevo, anche se mi sembrava impossibile. Ad ogni poppata provavo a toglierli soprattutto all’ inizio quando il riflesso di emissione era più forte…..Qualche minuto succhiava ma poi lo rivoleva…..senza che me ne accorgessi il tempo di suzione senza paracapezzolo era più lungo di quello con…… Andrea ha quasi 4 mesi….e sí, il giorno tanto atteso è arrivato, da una decina di giorni Andrea mangia senza il paracapezzolo, e guai a rimetterlo!!!! La nostra strada è stata a tratti tortuosa e in salita, ma io e te amore mio non ci siamo arresi e continueremo il nostro percorso affrontandolo insieme!
venerdì 5 maggio 2017
venerdì 28 aprile 2017
La nostra storia di latte... mamma Marysa e Carlotta
lunedì 10 aprile 2017
Sono proprio quei giorni duri che ho superato, che mi hanno portato fino qui...la storia di Valentina e Carlotta
sabato 25 febbraio 2017
Ho allattato con il cuore, con la testa e..con il tiralatte. La storia di latte di Serena e Mariasole
venerdì 10 febbraio 2017
LA MIA PRIMA STORIA DI LATTE E' UNA NON-STORIA... Chiara ci racconta....
La mia prima storia di latte è una non-storia. Pietro è arrivato 21 giorni prima del previsto, interrompendo un’attesa idilliaca e catapultandoci in una nuova vita per cui non eravamo ancora pronti. Parto indotto, bimbo che appena nato respira male e mi viene tolto per 72 ore e messo in incubatrice. Per 3 lunghi giorni lo tocco solo infilando le mani negli oblò, lo vedo attraverso un vetro. Per me, che me l’aspettavo tutto diverso, è così straziante che quasi preferisco evitare di andare al nido a vederlo. E da lì comincia la mia discesa agli inferi. Non c’è niente che vada come mi ero aspettato. è tutto sbagliato. Io sono sbagliata. Scoprirò solo più tardi, grazie a Monica, che avrei dovuto tirarmi il latte in quei giorni in cui lui non era con me, che la nascita di un bambino non fa di te automaticamente una mamma. E’ un percorso, che si deve iniziare in due. Io, invece, non riuscivo nemmeno a creare un legame con quell’essere che mi era stato strappato da dentro. Ci ho messo un mese e mezzo prima di arrivare a Monica. Ormai ad allattare non pensavo nemmeno più, avevo pianto tutte le mie lacrime, sentendomi inadeguata, intrappolata nella vita di un altro, assolutamente non portata.
Quando è arrivata Monica per il corso di massaggio e abbiamo parlato, con il cuore in mano, per la prima volta dopo mesi mi sono sentita rinascere. Ho capito che era tutto normale, che non ci sono mamme sbagliate e mamme giuste, ma semplicemente mamme. Io ero la mamma di Pietro, un essere speciale per me, un piccolino con il quale ho creato il nostro bonding attraverso il massaggio, che è stato l’inizio della mia rinascita. Ora quel piccolino ha quasi 4 anni e mi chiama la sua regina. Penso di non aver proprio sbagliato tutto! :-)
Quando sono rimasta incinta di Jacopo tutti mi chiedevano, con timore e sottovoce, se davvero questa volta avrei voluto allattare. Dopo la prima esperienza, sembrava quasi un’impresa al di là delle mie capacità.
Io stavolta ero decisa: avrei allattato. La mente, avevo imparato dal mio primo figlio, è quella che ti può aiutare o distruggere. Questa volta sarebbe stata mia alleata. Così, quando è nato Jacopo, ho subito chiamato Monica appena rientrata a casa. Jacopo si attaccava perfettamente e per me è stata veramente una rivincita, su me stessa e le mie debolezze. Non è stato facile all’inizio, anzi: con due bimbi le cose si complicano, però con un po’ di buona volontà e con l’aiuto preziosissimo del mio compagno e di mia mamma e stressando un po’ Monica, ora siamo a 4 mesi e mezzo di tetta e siamo sereni e quasi mi dispiace un po’ pensare al momento in cui lui si staccherà da me e prenderà la sua strada.
lunedì 2 gennaio 2017
Storia di latte tra Loredana e Matteo.
mercoledì 30 novembre 2016
lunedì 14 novembre 2016
È la nostra isola felice.... La storia di latte di Beatrice e di Tommaso.
Da quando ho sedici anni sono di avere un bambino. Un desiderio di maternità precoce che mi ha portato a litigare con tutti i miei fidanzatini del liceo terrorizzati dall’idea che li potessi “incastrare”. In realtà, più che di avere un bambino , il mio desiderio più profondo era quello di sentire un altro cuore battere dentro di me, la sensazione (schizofrenica, ora posso dirlo!) di avere un’altra vita nel mio corpo. La scoperta di essere incinta è avvenuta in un momento particolare , in cui, diciamocelo, la voglia di un figlio non era esattamente nella top ten dei miei sogni. Avevo la testa decisamente altrove. Ma il figlio c’era e il cuore batteva.
Durante la gravidanza tutti sono ginecologi e dopo il parto tutti sono puericultori. Ognuno, dal fruttivendolo alla suocera, dall’amica alla conoscente su FB si sentono in dovere di seguire l’imperativo categorico kantiano di metterti a conoscenza della propria esperienza, ovviamente dispensando consigli (non richiesti) e interpretando ogni piccolo sintomo o sensazione. DA tutte queste dannose ed inutili (e direi anche inevitabili) conversazioni sono riuscita in breve tempo a maturare un terrore maniacale nei confronti del cesareo. Ma restavo comunque ottimista! Era sicura che avrei avuto un parto naturale, magari in acqua, con l’approvazione e il sostegno morale di Laboyer. Mi sbagliavo.
Dopo due ore di travaglio , a seguito di un’induzione, il bimbo diventa brachicardico: CESAREO D’URGENZA. Dovessi spiegare ora, dopo quasi due anni, come mi sono sentita in quel momento non saprei cosa dire. Da quando sai di aspettare un figlio il tuo corpo non è più il tuo, non sei più tu, sei il bambino, il suo cuore, le sue mani, la sua bocca. Tu non esisti più. Svanisci risucchiata dal liquido amniotico che avvolge il tuo bambino. Quando mi hanno detto : “dobbiamo farlo nascere immediatamente, dobbiamo fare un cesareo” non ho provato la paura che mi sarei aspettata di provare in base all’ansia che avevo su questo argomento nel corso della gravidanza. Non ho provato niente. Non avevo più un corpo, né una volontà, il bambino stava male e io, sua madre, non ero in grado di farlo nascere e di proteggerlo. Mi avrebbero aperto per tirare fuori il mio bambino , per mettere al mondo mio figlio.
Tommaso non respirava quando è nato e è stato rianimato
Una madre inadeguata, ecco come mi sono sentita. Una madre che non è stata capace di dare il respiro vitale al proprio figlio e che non poteva stare con lui per infiniti controlli e tac.
Ma sul mio cammino è intervenuto un angelo, la mia ostetrica, che mi è sempre stata vicina, che ha difeso il mio essere madre e che ha creduto in noi. Lei mi ha insegnato a massaggiarmi il seno per stimolare le ghiandole, a tirarmi il latte mentre il bambino era in terapia neonatale. Portava le poche gocce di colostro che avevo prodotto a Tommaso e gliele faceva prendere con una siringa perché nulla andasse sprecato, per non fargli dimenticare la sua mamma. E io, nella mia stanza, sostenuta dal mio compagno che non mi ha lasciato mai sola , tiravo e tiravo finchè non è arrivata la montata lattea con 39 di febbre . E di notte e di giorno portata da lui con la sedia a rotelle (ero tagliata fisicamente e nel cuore) fino al nido patologico per poter allattare Tommaso.
Nonostante la lontananza delle prime ore e dei primi giorni, l’amore ci ha sintonizzato e sono riuscita a nutrire mio figlio, sostenuta e spronata dal mio compagno e dalla mia ostetrica.
Non sono stata in grado di farlo nascere con le mie forze ma sono riuscita a farlo crescere.
L’allattamento per me è stato il riscatto, un riscatto che mi ha permesso di risorgere da un sentimento di madre fallita nel parto. È la nostra isola felice dove possiamo rifugiarci ancora adesso dopo 20 mesi di meravigliosi occhioni.
giovedì 3 novembre 2016
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